Aprile si avvicina e, per la Fly Communications, vuol dire ultimi mesi di prove in vista della doppia data sul palco del Teatro Ventidio Basso con lo spettacolo “Rocky Horror Show”. Irriverente, dissacrante, unico, la creatura di Richard O’Brien, nata nel 1973, continua a conquistare, a ritmo di rock, generazioni sempre differenti.
Il collante di uno spettacolo costruito in una ambientazione gotica, con personaggi fantascientifici e stereotipi perfetti, è racchiuso nella figura del professor Frank ‘n Furter, un transessuale eclettico, il capocomico della geniale parodia della società ideata da O’Brien. Tim Curry, interpretando Frank, avrebbe consegnato alla storia del cinema e del teatro, uno dei personaggi più complessi con il quale rapportarsi date le sue mille sfaccettature fisiche e psicologiche.
Per affrontare questa prova di maturità, la Fly Communications ha scelto Cesare Fabiani, già protagonista nella produzione del 2014.
Vedremo un nuovo Frank N’Furter anche alla luce degli stage e dei 3 anni trascorsi?
Sicuramente affronto questa sfida con una consapevolezza personale molto diversa. Sono passati tre anni in cui ho potuto esaminare i piccoli difetti avuti nel 2014, sia per il poco tempo che per la prima esperienza con un personaggio del genere. Sono ripartito da me, cercando di tratteggiare un Frank più intimo, anche in rapporto a coloro che hanno avuto il privilegio di interpretarlo negli anni.
Quindi tanto studio sui video per la parte psicologica, e a livello fisico?
Ho iniziato immediatamente il lavoro sui tacchi perché l’equilibrio di Frank passa da lì, come ho potuto notare nella preparazione di molti attori professionisti. Gli stage con Giò Di Tonno e Alessandra Mazzuca hanno potenziato la mia consapevolezza vocale, facendomi scoprire nuove sfaccettature di Frank.
C’è un personaggio con il quale Frank si sente più legato in scena?
Frank è una sorta di burattinaio, muove le fila di tutto anche quando non c’è, è l’armonia necessaria allo spettacolo. Un particolare fil rouge lo percepisco con Riff Raff: tra noi c’è un’intesa, una tensione che si manifesta in sguardi, occhiate furtive e tocchi complici. E’ quasi un alter ego di Frank che alla fine si rivelerà un nemico.
Negli ideali di rottura e controtendenza di “Rocky Horror Show” hai ritrovato qualcosa della tua vita o di alcune tue esperienze personali?
La mia storia con questo film non è stato un colpo di fulmine! All’inizio lo conoscevo poco e non ne ero rimasto particolarmente affascinato. Lo studio del personaggio e della sceneggiatura ha cambiato tutto: nella struttura del Rocky, nel non essere convenzionali e omologati allo standard ho ritrovato molto del mio quotidiano. Ovviamente non sto parlando dell’eccesso che è necessario nel film per essere d’impatto. Trovo nei personaggi di Rocky una precisa moralità valida oggi come allora. Questo show ci permette di affrontare tematiche che meritano spazio in una società moderna degna di questo nome.
Con cosa possiamo lasciare i nostri lettori?
Con l’augurio è di incontrare tutti a teatro, sperando di onorare i performer che prima di me si sono cimentati in questa impresa: Frank vi aspetta!