ANCONA – Il mare italiano non gode di buona salute. Su 266 campioni di acqua analizzati dal laboratorio mobile di Goletta Verde, il 45% è risultato con cariche batteriche superiori ai limiti imposti dalla normativa. Si tratta di un punto inquinato ogni 62 km di costa. Le Marche sono tra le situazioni italiane più critiche, penalizzate anche dall’elevato numero di corsi d’acqua, canali e fossi che sfociano in mare.
Le differenti condizioni metereologiche riscontrate nei tratti di costa durante i campionamenti, i periodi in cui sono stati effettuati i prelievi e le caratteristiche morfologiche che variano di regione in regione, non consentono la realizzazione di una classifica nazionale. Si distingue la buona performance della Sardegna, con qualche criticità riscontrata solo in corrispondenza di foci di fiumi o canali. Poche le criticità riscontrate anche nelle regioni dell’alto adriatico (Veneto e Friuli Venezia Giulia), complice anche il periodo di campionamento (ad inizio giugno quindi a stagione balneare appena cominciata). Male per Abruzzo e Sicilia, quest’ultima su 26 punti monitorati ne presenta ben 14 inquinati o fortemente inquinati.
I RISULTATI DI GOLETTA VERDE – I risultati conclusivi di Goletta Verde 2015 sono stati presentati a Roma nel corso di una conferenza stampa durante la quale Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, Serena Carpentieri e Giorgio Zampetti, rispettivamente responsabile Campagne e responsabile Scientifico di Legambiente, hanno illustrato le criticità riscontrate durante i due mesi viaggio a bordo della Catholica, la storica imbarcazione dell’associazione. “Per chiarezza – si legge in una nota di Legambiente – occorre sottolineare che il lavoro di Goletta Verde non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né assegnare patenti di balneabilità, ma restituire un’istantanea utile per individuare i problemi della depurazione e ragionare sulle soluzioni. I tecnici di Legambiente effettuano un monitoraggio scientifico a caccia dei punti più critici, denunciando le situazioni di insufficienza depurativa che mettono maggiormente a rischio le nostre acque. Quando si parla di foci di fiumi e canali si immaginano sempre corsi d’acqua di grossa portata, invece nel mirino di Goletta Verde finiscono soprattutto i canali più piccoli, i rigagnoli apparentemente innocui che arrivano sulle nostre spiagge, spesso luoghi preferiti dei bambini”.
“L’inquinamento rilevato da Goletta Verde è causato essenzialmente da scarichi non depurati che attraverso fiumi, fossi e piccoli canali si riversano direttamente in mare – ha dichiarato Giorgio Zampetti –. Una conseguenza diretta della mancanza di un trattamento di depurazione adeguato, che ancora riguarda il 42% degli scarichi fognari del nostro Paese. A conferma del deficit depurativo ci sono le due sentenze di condanna arrivate dalla Commissione europea rispettivamente nel 2012 e nel 2014, e il parere motivato del marzo 2015 relativo alla terza procedura d’infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per il mancato rispetto della direttiva 91/271 sulla depurazione degli scarichi civili. Procedimenti che riguardano un agglomerato su tre. La grave inefficienza depurativa dell’Italia non rappresenta solo un danno all’ambiente ma anche all’economia: si stima, infatti, che le sanzioni UE siano pari 476 milioni di euro l’anno dal 2016 e fino al completamento delle opere”.
I NUMERI DI GOLETTA VERDE – Sono 1.022, il 32% del totale, gli agglomerati coinvolti dai procedimenti europei. Le Regioni maggiormente interessate sono la Campania, con l’81% degli agglomerati a livello regionale condannati o interessati in procedure d’infrazione, la Sicilia, con il 73% (rappresentando il numero assoluto più elevato con 244 agglomerati coinvolti) e la Calabria con il 62%. Le regioni costiere con il minor numero di agglomerati coinvolti sono il Veneto (17%), la Toscana (18%) e il Friuli Venezia Giulia (24%). Il 50% dei punti inquinati sono presso spiagge (quasi sempre libere) con un’alta affluenza di bagnanti, dove di fatto la balneazione è abituale. Dei 120 punti inquinati e fortemente inquinati secondo il giudizio di Goletta Verde, ben il 49% risulta non campionato dalle autorità competenti, cioè non sottoposto a nessun tipo di controllo sanitario. Addirittura il 38%dei punti scovati dai tecnici di Legambiente, nel Portale delle Acque del Ministero della Salute risulterebbero balneabili, talvolta in classe eccellente. Forse perché il criterio principalmente utilizzato nel definire i punti di prelievo da parte delle autorità competenti è quello del “maggior afflusso” e quasi mai quello del “maggior rischio” (utilizzato dai tecnici di Goletta Verde) sebbene entrambi siano previsti dalla Direttiva. Solo in 14 casi su 120, i punti campionati risultano vietati alla balneazione dalle autorità preposte. “Peccato però che nessuno lo segnali ai bagnanti – ha dichiarato Serena Carpentieri -, nonostante la normativa sia rigida circa l’obbligo dell’informazione da parte delle amministrazioni comunali. Presso i punti campionati lungo tutto lo stivale, abbiamo trovatosolo 21 cartelli di divieto di balneazione su un totale di 112 zone interdette o non campionate (ad esempio in prossimità di foci di fiumi e canali dove la balneazione, in assenza di controlli, andrebbe comunque sconsigliata). Va ancora peggio se consideriamo la cartellonistica informativa circa la classe di qualità delle spiagge (eccellente, buona, sufficiente, scarsa), nonostante da quest’anno sia definitivamente scattato l’obbligo per i Comuni di apporre pannelli informativi, secondo uno specifico format europeo, con tutte le informazioni sulla qualità delle acque, i dati degli ultimi prelievi e le possibili criticità della spiaggia stessa. Da questo punto di vista la situazione è davvero sconcertante: a 5 anni dall’entrata in vigore della nuova Direttiva sulla balneazione, solo nel 3% dei casi abbiamo potuto rilevare la presenza dei cartelli informativi”.
LE INFRAZIONI IN MARE – Ma non è solo la mancata depurazione a danneggiare il nostro mare e le coste. Sono state ben 14.542 le infrazioni accertate dalle forze dell’ordine e dalle capitanerie di porto per reati inerenti il mare e la costa nel corso del 2014. Circa 40 al giorno, 2 per ogni chilometro di costa, lievemente in crescita rispetto al 2013, quando le infrazioni erano state 14.504. 18mila le persone denunciate o arrestate con 4.777 sequestri eseguiti dalle autorità competenti. Numeri impressionanti che evidenziano la gravità delle attività illegali lungo le coste e nei mari del nostro Paese. A guidare la poco onorevole classifica sulle illegalità sul mare c’è la Puglia, con 3.164 infrazione accertate (il 21,8% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia con 2.346 (16,1%), dalla Campania con 1.837 (12,6%) e dalla Calabria con 1.370 (12,6%); l’elenco delle infrazioni rilevate per chilometro di costa, su scala regionale, vedono la Campania prima con 3,9, seguita dalla Puglia con 3,7, tallonata dal Molise con 3,1, dalla Liguria con 3 e dalle Marche con 2,9. Nello specifico, le infrazioni accertate per problemi di inquinamento del mare sono state 4.545 (il 31% del totale nazionale), che hanno visto il coinvolgimento di oltre 7 mila persone tradenunciate e arrestate (il 40% a livello nazionale), con conseguenti sequestri per 2.741 strutture corrispondenti al 57,4% del dato nazionale. Anche l’illegalità nel ciclo del cemento sul demanio marittimo ha numeri importanti, con 2.363 infrazioni accertate (il 16% nazionale), 3.109 persone denunciate e 940 sequestri effettuati.
“Le principali tipologie di reato quindi vanno dalle illegalità nel ciclo del cemento sul demanio marittimo all’inquinamento del mare dovuto a mala depurazione, scarichi fognari, inquinamento da idrocarburi, sversamento di rifiuti di vario tipo, anche se non mancano i casi di pesca di frodo e le infrazioni della nautica da diporto – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Per fortuna, non mancano nemmeno i casi di successo, di rivincita della bellezza e della legalità sull’arroganza dell’abusivismo, come testimonia il recente sequestro di due pontili abusivi a Favignana ottenuto grazie alla Procura di Trapani e al Direttore della Riserva Marina protetta, dove l’AssessoratoTerritorio e Ambiente della Regione Siciliana, in spregio alla mancanza delle autorizzazioni necessarie, aveva appena rinnovato la concessione per la gestione dei pontili”.