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LE MARCHE – Se da domani le carni sulle nostre tavole saranno etichettate con la corretta provenienza, lo stesso non si può dire del latte. Le quote latte, infatti, cessano di esistere dopo 30 anni ed è prevedibile un aumento della produzione comunitaria, con il rischio di una vera invasione straniera anche nelle Marche. A lanciare l’allarme è la Coldiretti sulla base del “Dossier sull’attuazione delle quote latte in Italia” presentato a Roma in occasione della mobilitazione degli allevatori. “Nella nostra Regione le stalle sopravvissute – fa sapere l’associazione – hanno prodotto nel 2014 circa 0,3 milioni di quintali di latte, rispetto ai 0,5 di inizio crisi, mentre sono 2,3 i milioni di quintali equivalente che nel 2013 sono arrivati dall’estero. La mancanza di trasparenza in etichetta consente purtroppo di spacciare per nostrano il latte a lunga conservazione straniero. Senza dimenticare polveri e cagliate con le quali è oggi consentito produrre formaggi, praticamente senza l’utilizzo del latte e anch’essi venduti magari come locali. Dinanzi all’invasione di materie prime dall’estero – sottolinea Coldiretti – occorre indicare obbligatoriamente l’origine nelle etichette del latte (anche Uht), dei formaggi e di tutti gli altri prodotti derivati. Ma serve anche garantire che venga chiamato formaggio solo ciò che deriva dal latte e non da prodotti diversi, e rendere pubblici i dati relativi alle importazioni di latte e di prodotti con derivati del latte, tracciando le sostanze utilizzate”.

I PREZZI – Ma a penalizzare allevatori e consumatori sono anche i prezzi. All’inizio del regime delle quote latte nel 1984, il prodotto veniva pagato in media agli allevatori 0,245 euro al litro mentre i consumatori lo pagavano 0,40 euro al litro (780 lire), con un ricarico, quindi, del 63 per cento dalla stalla alla tavola. Nel 2000 agli allevatori il latte veniva pagato 0,32 euro al litro mentre i consumatori lo pagavano un euro al litro, con un aumento del 213 per cento dalla stalla alla tavola. “Oggi la forbice si è ulteriormente allargata e – continua la Coldiretti – il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 317 per cento con il latte che viene pagato agli allevatori in media 0,36 centesimi al litro, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro. In altre parole il prezzo pagato agli allevatori è aumentato di poco più 10 centesimi mentre il costo per i consumatori è cresciuto di 1,1 euro al litro, a valori correnti. Il risultato è che gli allevatori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar mentre quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette. Ma, soprattutto, il prezzo riconosciuto alle stalle non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali con effetti sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla sicurezza alimentare degli italiani”.

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