ANCONA – Non sono in grado di provvedere a se stessi. Rinchiusi nelle loro abitazioni, hanno bisogno di essere aiutati nelle normali operazioni di vita quotidiana. Sono 62.924 gli anziani marchigiani non autosufficienti, pari al 17,3 per cento dei 363.723 ultrasessantacinquenni marchigiani. Quelli che vengono assistiti all’interno di case protette, residenze sanitarie e case di riposo sono 6.868 mentre quelli seguiti dall’ Adi (Assistenza domiciliare integrata) sono 10.911, pari al 3 per cento di coloro che hanno più di 65 anni. Agli altri 45.145 anziani non autosufficienti devono provvedere le famiglie. O facendo ricorso alle 10.700 badanti per quasi 20 mila anziani o tramite l’assistenza di congiunti e parenti.
L’INDAGINE – La situazione degli anziani marchigiani non autosufficienti è stata esaminata ad Ancona nel corso di una iniziativa di Cna Pensionati Marche, in occasione della quale sono stati presentati il programma di attività 2015 e i dati recenti di uno studio di Massimo Mengani, ricercatore e consulente per la progettazione servizi per l’area anziani. Nell’indagine su “Invecchiamento, longevità attiva, residenzialità, alimentazione e nuove tecnologie,” viene evidenziato come dal 2008 il numero egli anziani marchigiani in Assistenza domiciliare integrata (Adi ) sia sceso dal 4,1 al 3 per cento mentre in Italia è aumentato dal 3,3 al 4,3 per cento. Insomma, le famiglie vengono lasciate sempre più sole a gestire l’anziano malato. Il 70 per cento delle famiglie non riceve alcuna forma di aiuto da enti o da persone non conviventi. A beneficiare di una qualche forma di aiuto pubblico sono il 6,8 per cento delle famiglie con anziani ultrasessantacinquenni e il 13,4 per cento di quelle che hanno in casa un ultraottantenne. Un aiuto economico importante arriva alle famiglie marchigiane grazie all’indennità di accompagnamento che raggiunge 29 mila anziani, pari all’8 per cento mentre in Italia gli anziani che ricevono l’assegno sono il 6,9 per cento.
COSA FARE? – “Solo di recente – ha affermato Ilario Persiani presidente di Cna Pensionati Marche – la Regione ha approvato le linee guida per l’organizzazione delle cure domiciliari e per il governo della domanda socio sanitaria, finalizzati a superare le criticità esistenti: dalla disomogenea erogazione del servizio nel territorio regionale alle difficoltà a garantire la continuità assistenziale tra l’ospedale e il territorio. Noi chiediamo che al centro della politica regionale e dei programmi, per la prossima legislatura, vengano messi l’attuazione concreta di questi provvedimenti e il superamento della tradizionale divisione tra assistenza sanitaria e sociale. Nei prossimi mesi ci impegneremo insieme alle altre associazioni di pensionati del lavoro autonomo aderenti al Cupla, a presentare le nostre proposte in tutti i distretti sanitari e gli ambiti sociali marchigiani. per lo sviluppo delle cure domiciliari e delle strutture residenziali per gli anziani non autosufficienti. Inoltre chiederemo l’avvio delle unità operative socio assistenziali e del punto unico di accesso ai servizi socio assistenziali”.
Considerando che le Marche sono la Regione italiana dove si vive più a lungo, con una speranza di vita di 83,1 anni che arriva ad 85,5 per le donne e ad 80,7 per gli uomini, secondo Cna Pensionati Marche, è fondamentale prevedere servizi e stanziare maggiori risorse per la popolazione anziana. Infatti tra dieci anni, secondo lo studio di Massimo Mangani per l’Expo, i marchigiani ultrasessantacinquenni saranno 407.959 rispetto agli attuali 363.723 pari al 24,3 per cento. Insomma, nel 2024 sarà anziano un marchigiano su quattro mentre gli ultrasettantacinquenni saranno il 13,1 e gli over 85 raggiungeranno il 4,7 per cento.
“In particolare – ha concluso Persiani – va sostenuta l’anzianità fragile, con iniziative rivolte a contrastare l’isolamento sociale e la non autosufficienza, l’educazione a stili di vita sani, la socializzazione e la longevità attiva, anche attraverso il coinvolgimento degli anziani nell’uso di nuove tecnologie. Chiediamo infine la rivalutazione delle pensioni, a cominciare dalle minime, che devono corrispondere all’effettivo aumento del costo della vita”.