ACQUASANTA TERME – Nel cuore del comprensorio montano piceno, al confine con i Monti della Laga e il Parco nazionale dei Sibillini, si trovano le Terme di Acquasanta, famose fin dall’antichità per l’acqua sulfurea, ma anche per la loro storia recente, che le ha viste passare dalla gestione privata a quella regionale, senza che qualcuno si impegnasse seriamente a riaprire la piscina naturale e la grotta sudatoria.
LA STORIA – Fu il Ministero per l’Economia nazionale, nel 1930, a dare per la prima volta in concessione “perpetua” il bene alla società “Terme di Acquasanta” (poi, “Nuove Terme di Acquasanta”). Dal 1970 al 2008 la gestione è passata alla società “Santa” della famiglia Ferranti. Il bene tornò pubblico, grazie all’intervento della Provincia guidata da Massimo Rossi. L’allora presidente cominciò a interessarsi delle Terme nel 2005, sollecitato da privati, associazioni e dall’amministrazione di Acquasanta. Ma come mai fu richiesto l’intervento dell’ente provinciale? Lo abbiamo chiesto direttamente all’ex presidente Rossi, il quale, gentilmente, ha contribuito alla ricostruzione della storia.
IL PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO – Negli anni novanta, a seguito di un riscontrato inquinamento dell’acqua, pare a causa di “coliformi” (contaminazione fecale), furono chiuse la piscina termale e la grotta sudatoria. “Molti – spiega Massimo Rossi – attribuiscono il problema delle infiltrazioni della falda acquifera a dei lavori fatti alla rete fognaria. Nella grotta c’è da segnalare anche qualche distacco di materiale, ma fortunatamente nessun crollo accertato”.
LA SOCIETA’ “SANTA” – La società “Santa” tentò di intercettare altre sorgenti non inquinate per farle confluire all’interno della piscina. “Ma alla fine – ricorda Rossi – i Ferranti si arresero. Ciò era anche comprensibile, visto il costo di un eventuale risanamento. Per questo motivo proposi loro un partenariato, per una comune azione di indagine e soluzione del problema. Purtroppo, da parte loro, trovammo un atteggiamento passivo, accompagnato, e questo era quasi inaccettabile, solo dalla difesa del loro diritto a usufruire del bene”. (Ma un privato, che ha in concessione dei beni pubblici, è obbligato a investirci e, pur svolgendo comunque un’attività di tipo economico, li deve rendere anche fruibili per la comunità, ndr)
AZIONE DELLA PROVINCIA – La Provincia, prendendo atto che i Ferranti non ottemperavano ai loro obblighi, avviò allora una procedura per far decadere la concessione. La società “Santa” si difese dando la colpa all’acqua inquinata. “Sottolineando l’ammissione da parte degli imprenditori di non riuscire a prendersi cura del bene- continua Rossi – nel 2007 facemmo un’ordinanza di revoca della concessione e, nel dicembre del 2008, grazie a una sentenza del Tar e le terme tornarono alla Regione”. Nel 2010, con il neo eletto governatore Gian Mario Spacca, si arrivò alla firma, che Rossi definisce “in pompa magna”, di un protocollo d’intesa. “Oggi – continua l’ex presidente – nel 2015, passato un mandato intero, mi risulta che ci si sia attardati su passaggi formali e non siano state determinate nemmeno le cause dell’inquinamento”.
TERME DI ACQUASANTA NEL 2015 – In un momento in cui si torna a parlare di “comunità montane” e del loro ripopolamento, una risorsa potrebbero essere proprio le terme. Forse il restituirle alla comunità potrebbe sembrare un impegno gravoso, ma bisogna mettere sulla bilancia anche il ritorno economico e turistico di cui beneficerebbe tutto il territorio. Conclude Massimo Rossi: “Sebbene nessuno voglia sostenere che sia facile ripartire con la struttura, quello che stupisce e inquieta è la sciatteria di chi governa oggi questo territorio, sia a livello provinciale che regionale, che non ha dato seguito agli impegni, a questo punto in forma propagandistica, assunti in passato”.