ANCONA – La crescita che non arriva, la deflazione, gli effetti della crisi sui consumi, la stretta creditizia. Sono tanti i freni allo sviluppo delle piccole e medie imprese marchigiane. Molte di loro non ce la fanno più e portano i libri in tribunale. Sono stati 281 i fallimenti nel primo semestre del 2014, con conseguenze pesanti non solo per i dipendenti rimasti senza lavoro ma anche per i creditori ed i fornitori. Una catena che a volte mette in difficoltà intere filiere produttive.
I DATI – Secondo i dati Cribis, elaborati dal Cento Studi Sistema per la Cna Marche e Fidimpresa Marche, i fallimenti tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati 281 rispetto ai 246 del primo semestre 2013 ed ai 229 dello stesso periodo del 2012. La maggioranza delle imprese fallite tra gennaio e giugno (29,2 per cento) apparteneva al comparto manifatturiero, in particolare mobile e moda. Nel 21 per cento dei casi si è trattato di esercizi commerciali, nel 16,7 per cento di aziende edili e nel 14,2 per cento di imprese dei servizi.
“Stiamo vivendo una fase di grande difficoltà per le imprese marchigiane – affermano il presidente Cna Marche Gino Sabatini e il segretario Cna Marche Otello Gregorini -, la recessione che continua e la frenata dell’export nell’ultimo trimestre per il comparto manifatturiero stanno spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi, ma che stanno pagando il conto al credit crunch e a una domanda ferma da troppo tempo. In particolare, la stretta creditizia gioca un ruolo fondamentale nello spingere le imprese a portare i libri in tribunale, perché da un lato fa mancare un adeguato sostegno finanziario alle Pmi e dall’altro innesca una spirale negativa di sistematico ritardo nei pagamenti”.
I PAGAMENTI – Se la crisi ha fatto aumentare i fallimenti, ha invece avuto l’effetto contrario su cambiali, tratte e pagherò dei marchigiani. Tra gennaio e maggio i protesti nella nostra Regione sono stati 10.541 con un calo del 31,3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando erano stati 15.336. Le somme protestate si sono addirittura dimezzate (-53,4%) passando da 51,4 a 23,9 milioni di euro. I motivi? Secondo la Cna Marche la crisi ha spinto i possibili creditori ad accettare con più difficoltà forme di pagamento ritenute non affidabili, mentre imprese e consumatori sono più cauti nell’assumersi impegni economici, anche a breve termine.
IL FONDO ANTIUSURA – Le imprese falliscono, i marchigiani non si fidano più ad accettare in pagamento cambiali, tratte ed assegni e, in questo anno di crisi, c’è anche chi fa ricorso al fondo antiusura per non fallire e per resistere agli strozzini.
Nei primi sei mesi di quest’anno, Fidimpresa Marche, il Confidi unico di emanazione Cna, ha approvato 21 richieste di ricorso al Fondo per un importo di 388.500 euro.
“Il Fondo antiusura – sostiene il presidente di Fidimpresa Marche Silvano Gattari – è l’ultima spiaggia per le imprese e, prima di farvi ricorso, il nostro Confidi cerca di garantire i finanziamenti tramite i normali canali bancari per gli investimenti ed il credito veloce per la liquidità. Ma è sempre più difficile e lo dimostra la crescita di incagli e sofferenze. L’auspicio è quello di una immissione di denaro fresco della Bce verso gli istituti di credito, mentre dalle istituzioni ci aspettiamo politiche di maggior sostegno per i Confidi che sono rimasti l’unico strumento di garanzia per i prestiti alle piccole e medie imprese marchigiane”.
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