ASCOLI PICENO – “Una lunga marcia parte con un piccolo passo”, così il sindaco ascolano Guido Castelli ha dato avvio all’happening di sindaci e amministratori promosso sabato scorso nella città turrita da Giovanni Toti e Alessandro Cattaneo in previsione di una ristrutturazione del centrodestra. “La situazione è drammatica e disconoscerlo sarebbe folle. – ha detto Castelli – Renzi, o comunque la sua proiezione immaginifica, dilaga mentre qualcosa come 8 milioni di italiani che nel 2008 avevano votato il centrodestra si sono rifugiati nel limbo del non voto. Non si tratta di persone deviate delle trame di magistratura democratica, ma di elettori che non si riconoscono più nell’attuale offerta politica di Forza Italia“.
Seppur il centrodestra alle Amministrative di Ascoli Piceno si è dimostrata un’eccezione, il 25 maggio il Partito Democratico ha preso 11 milioni di voti. Pochi rispetto al periodo di Veltroni, sufficienti per vincere un confronto per abbandono dell’avversario. “Dobbiamo ripartire da questa consapevolezza. – prosegue Castelli – Ad Ascoli abbiamo vinto col 60% al primo turno perché abbiamo ben governato e quasi opacizzato le appartenenze partitiche che rischiavano, oggi come oggi, solo di farci perdere voti”.
E allora si apre ad Ascoli un cantiere che muove il primo passo. “Dobbiamo sentirci tutti operai e per questo abbiamo voluto che ciascun partecipante indossasse un caschetto giallo da cantiere. Essere operai vuol dire condividere umiltà e capacità di lavorare in squadra. Per la formazione della nuova classe dirigente del paese è necessario votarsi al senso di responsabilità. Chi vuole assumere le redini di una nazione di un territorio non può non ispirarsi a questo principio”.
Parte dal sindaco Guido Castelli, insomma, la rivoluzione liberale di Forza Italia e per farlo chiede responsabilità e disponibilità. “Se ci rendessimo capaci di questo approccio antropologico all’agire politico potremmo ritrovare lo slancio necessario a proporre un nuovo patriottismo civile utili sia a rigenerare i destini del centrodestra che quelli dell’Italia. Non ha senso chiedere voti senza pensare contestualmente anche al futuro della società in cui vive il destinatario della richiesta. Beata quella città, diceva Salvemini, in cui i cittadini si riuniscono per riparare la fontana rotta. – chiosa Castelli – Agli italiani non dobbiamo chiedere solo il voto ma anche la voglia di ripararla con noi, assumendosene la responsabilità e, se necessario qualche onere”.