Articolo
Testo articolo principale

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il Servizio di sostegno alle famiglie affidatarie o aspiranti all’affido familiare dell’Ambito Territoriale Sociale 21 rischia la chiusura. Il servizio, attivo dal 2010 presso la sede del Consultorio Familiare dell’Area Vasta 5 di San Benedetto, è svolto da due psicologhe-psicoterapeute, coadiuvate dalle assistenti sociali dell’ambito sociale e dell’azienda sanitaria e si occupa di formare, valutare, accompagnare e sostenere le famiglie coinvolte del complesso percorso dell’affidamento di un minore, nonché di prendere in carico le famiglie d’origine dei minori stessi per un loro possibile reinserimento.

La cessazione di questa attività rappresenterebbe un vero e proprio problema dal grande impatto sociale considerato che nell’ambito sociale sono circa 80 i minori fuori dal proprio nucleo familiare di origine, affidati a circa 35 famiglie o inseriti in specifiche comunità educative. Negli ultimi anni l’equipe per l’affido e l’adozione, attraverso l’azione di sensibilizzazione delle realtà associative e del tessuto sociale, ha avviato diversi interventi di promozione per garantire ai minori un contesto di vita e relazione solido e positivo determinando un consistente risparmio per i Comuni che sono chiamati in primis a sostenere i costi dell’accoglienza nelle case educative.

“Cancellare un servizio come quello in questione significherebbe dimostrare una assoluta insensibilità verso le condizioni di disagio dei minori coinvolti loro malgrado in drammatiche situazioni di vita. – protesta il coordinamento delle famiglie affidatarie dell’Ambito Sociale di San Benedetto – Minori che oltre ad essere curati quando hanno la febbre o si fratturano le ossa, vanno curati nell’animo quando, a causa della crisi degli affetti e delle relazioni più importanti, si rompono dentro con conseguenze ben più pesanti per la loro vita ed il loro futuro”.

Facendo leva sulle ragioni sociali ed economiche, le famiglie affidatarie fanno appello ai sindaci dei Comuni del comprensorio ed agli amministratori territoriali dell’Azienda Sanitaria Regionale “affinché sia evitato quello che appare come un grave passo indietro in termini di civiltà della nostra comunità locale”.