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MONTEPRANDONE – Sala piena per l’assemblea pubblica convocata dal Comitato “aria in trasparenza” ieri sera a Centobuchi. Cittadini partecipi e irremovibili in un’unica certezza: “non vogliamo la centrale a biomasse”, questa la frase ripetuta più volte dalla platea che ha affollato la sala da ballo in via dell’industria, a poche centinaia di metri dal sito dove si sta costruendo l’impianto.

La centrale a biomasse liquide di 1 Megawatt è quasi realtà; pochi mesi fa i cittadini hanno notato l’inizio dei lavori e, appresa la notizia della costruzione della struttura, si sono costituiti immediatamente in un comitato spontaneo, presieduto da Franco Schiavi, che è attualmente tutelato legalmente dall’avvocato Annalisa Cutrona. Proprio quest’ultima ieri ha esposto in una relazione dettagliata il lavoro e l’indagine condotti per riuscire a far chiarezza sugli atti amministrativi, lamentando la mancata applicazione del “diritto a conoscere” sancito dalla legge 241/90, che prevede la possibilità di interlocuzione e interferenza nel procedimento amministrativo, diritto che rientrava a pieno titolo nelle facoltà della cittadinanza coinvolta. A seguito della presa visione di alcune discrepanze tecniche e amministrative, rilevate negli atti esaminati dall’avvocato, è stato deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno, ma il comitato non ha intenzione di fermarsi qui e utilizzerà tutti gli strumenti legali a disposizione affinché venga arginata la funzionalità della centrale.

La Cutrona ha illustrato brevemente l’iter seguito per l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto – di proprietà della ditta Urbinati – risalendo al novembre 2008, mese in cui sarebbe stata indetta la prima conferenza di servizi in cui mancavano gran parte delle autorità che avrebbero dovuto partecipare (presenti solo la Regione Marche e la ditta Urbinati). Durante questi ultimi quattro anni si è giunti attraverso un procedimento amministrativo, ancora al vaglio dell’avvocato, alla concessione dell’autorizzazione unica da parte della Regione e, quindi, all’inizio dei lavori. La Cutrona ha poi fatto riferimento ad un vizio di procedura che risiederebbe nel mancato coinvolgimento dell’Autorità di bacino poiché l’impianto sorge in una zona a rischio esondazione, trovandosi a ridosso del fiume Tronto. A questa affermazione è seguito l’intervento di uno dei legali della ditta Urbinati che ha presentato alla platea un documento che proverebbe uno studio dell’assetto idrogeologico della zona; il legale è stato contestato animosamente e ci sono stati attimi di tensione che hanno confermato la rabbia della popolazione, compatta nel respingere ogni ipotesi di entrata in funzione della centrale. 

In sala era presente anche il sindaco Stefano Stracci che aveva originariamente convocato un’assemblea per stasera, 22 maggio, poi rinviata alla settimana prossima; il sindaco ha richiesto un parere all’Università di Camerino da cui ha ricevuto una relazione tecnico scientifica su cui si confronterà con i cittadini. Ospiti dell’incontro anche Adriano Mei, coordinatore dei comitati in rete Marche, e il tecnico Sergio Calvaresi. Mei ha ricordato che in tutta Italia si sono formati centinaia di comitati spontanei (40 solo nelle Marche) contro la costruzione di impianti in zone a rischio per alti livelli di inquinamento, come nel caso della Vallata del Tronto dove i valori delle pm10 superano spesso i limiti consentiti. Ha sottolineato che queste strutture di solito si insediano in un territorio per una decina di anni con un impatto ambientale che avrà ripercussioni per molto tempo, visti i costi successivi dello smaltimento. Ha poi lasciato intendere che dietro il business delle energie rinnovabili si celino in realtà profitti cospicui a danno della salute dei cittadini, di fatto contravvenendo al diritto fondamentale sancito dall’art. 32 della Costituzione.

Fatto sta che la centrale è all’ultimo stadio della sua costruzione e la situazione appare molto delicata. Dall’altra parte del Tronto, a Colonnella, è previsto un impianto dalla potenza in megawatt molto più grande di quello di Centobuchi, che andrebbe a incidere sulla qualità dell’aria dell’intera Vallata del Tronto. Quello che emerge da tutta questa vicenda sembra essere la latitanza delle istituzioni che non riescono a confrontarsi con i cittadini e fornire le necessarie rassicurazioni.