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ANCONA – Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), visita le carceri marchigiane e delinea un tasso di affollamento costante di detenuti a fronte di un organico di Polizia penitenziaria in calo; di primaria importanza, dunque, l’individuazione di soluzioni che pongano freno al grave problema del sovraffollamento penitenziario. Il rappresentante della prima e più rappresentativa organizzazione sindacale di categoria ha potuto effettuare un sopralluogo nelle strutture di Pesaro e Fossombrone, mentre nei prossimi giorni visiterà i penitenziari di Fermo, Ancona Barcaglione e Montacuto, fino a quello di Ascoli dove incontrerà i poliziotti in servizio e il segretario regionale Sappe Nicardo Silvestri.

“Nelle Marche la situazione penitenziaria è particolarmente critica, come conferma anche la grave aggressione ad un poliziotto nel carcere di Pesaro di pochi giorni fa. – spiega Capece – Attualmente i sette penitenziari marchigiani ospitano oltre mille detenuti a fronte di una capienza regolamentare delle strutture pari a poco più di ottocento posti“. I dati significativo, inoltre, registrano la presenza di stranieri tra il 30 e il 50% con il record del 60% a Camerino e un’elevata percentuale di tossicodipendenti; i detenuti che lavorano, invece, toccano un record negativo che sfiora il 15%, tanto che molti trascorrono 20 ore al giorno nell’ozio assoluto perdendo totalmente il senso della pena e una progressiva depressione e incontrollabilità del carcerato. Ma a preoccupare sono anche le condizioni in cui lavorano le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria che troppo spesso passano inosservate all’Amministrazione Penitenziaria. “La situazione è sempre più incandescente e rincorrere la vigilanza dinamica e i patti di responsabilità con i detenuti, come vorrebbe il Dap e come si sta attuando nel carcere di Pesaro, è una chimera”.

Ebbene, nel 2012 si sono contati 2 suicidi, 31 tentati suicidi sventati dalla Polizia Penitenziaria, 123 atti di autolesionismo, 237 colluttazioni e 18 aggressioni. Seppur nel carcere di Pesaro siano stati messi in atto il progetto dei circuiti penitenziari e la vigilanza dinamica, questo non rappresenta una soluzione idonea “perchè al superamento del concetto dello spazio di perimetrazione della cella e ad una maggiore apertura per i detenuti deve associarsi la necessità che questi svolgano attività lavorativa e che il personale di Polizia penitenziaria sia esentato da responsabilità derivanti da un servizio svolto in modo dinamico”, avanza Capece. L’aggressione di un poliziotto avvenuta a Pesaro conferma il rischio della sempre minore sicurezza dovuta alla diminuzione continua del personale.