Il trattamento non presenta principio attivo, per questo viene definito non farmacologico. L’argomento è molto dibattuto, soprattutto alla luce di alcuni cambiamenti benefici avvenuti nella realtà che sono stimolati proprio dalle aspettative di guarigione del paziente. Infatti l’effetto che sortisce sulla persona è inequivocabilmente reale grazie ai cambiamenti fisici e psicologici dei pazienti a cui viene fatto credere di aver appena assunto medicinali. Il motivo risiede nel fatto che la componente psicosomatica è presente per ogni tipologia di malattia, proprio per la connessione mente e corpo. L’unione tra la causa psicologica e l’origine di un disturbo può essere determinata da stress o traumi psichici.
Se al trattamento con placebo si aggiunge un comportamento empatico e positivo del medico curante, la terapia del paziente funzionerà, almeno in casi non gravi. Contrariamente, se il dottore mostra un comportamento negativo o fa degenerare la situazione in un atteggiamento drammatico, l’effetto sortito è il nocebo, l’alter-ego del placebo. Il Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) e l’Harval Medical School (HMS) hanno condotto degli studi in cui è stato dimostrato che l’elemento basilare che fa si che la malattia regredisca è costituito dalla dopamina. Più plabebo per tutti.