Enrico Oliveri (Toni Servillo) è il segretario del principale partito della sinistra italiana. La sua popolarità è in declino, i sondaggi lo danno in caduta libera e preannunciano una sicura sconfitta alle prossime elezioni. Contestato pesantemente durante un congresso, decide improvvisamente di sparire per un po’, rifugiandosi in Francia, a casa della sua vecchia amante Danielle (Valeria Bruni Tedeschi). Per sopperire all’assenza del segretario senza creare allarmi devastanti nel partito, il collaboratore Andrea Bottini (Valerio Mastandrea) coinvolge il fratello gemello di Olivieri, il professore di filosofia Giovanni Ernani (interpretato dallo stesso Servillo), appena dimesso da una clinica psichiatrica.
L’approccio poetico e disincantato di quest’ultimo risveglia il coraggio e la passione, risollevando il gradimento nei confronti di un partito altrimenti alla deriva. Lo scambio di ruoli avrà nei due fratelli l’effetto di una parallela ricerca di se stessi.
Il film di Roberto Andò, tratta dal suo libro Il trono vuoto (opera prima finalista al Premio Campiello 2012), è stato acclamato dalla critica all’ultima edizione del David di Donatello, in cui ha ricevuto il riconoscimento per la migliore sceneggiatura e per il miglior attore non protagonista (Valerio Mastandrea). Gli spunti sono senza dubbio interessanti, con il contesto politico che funge da sfondo a un’indagine intima sulla vita e sull’essenza. La contrapposizione dei due caratteri opposti, seguiti parallelamente, suggerisce la necessità dell’altro per poter giungere a una realizzazione di se stessi. Il contraltare psicologico dell’animo si rivela specchio del proprio cammino, offrendo la possibilità di riflettere sul decadimento pressoché ineluttabile di passione e valori, e garantendo l’opportunità di recuperarli prima del definitivo appassimento.
Nonostante questi nobili intenti, pur raccontati con garbo e poesia, si ha però la sensazione di trovarsi di fronte a un’opera incompiuta, troppo legata a una visione semplicistica e accennata di temi che probabilmente meriterebbero un maggior approfondimento. Forse la penalizzazione è data dall’eccessiva riconducibilità all’attualità politica italiana, che rende difficile un approccio scevro da riferimenti reali e mirato a un’analisi prettamente poetica. Nel complesso si tratta di un film godibile, ma accanto a chi lo esalta a capolavoro (anche e soprattutto per la presenza di Toni Servillo) c’è una fetta di pubblico che ne percepisce un’inconcludenza tale da non renderlo memorabile.
REGIA: Roberto Andò
ANNO: 2013
GENERE: Drammatico
DURATA: 94 minuti