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Appena terminata la lettura del libro “La mia terra” di Ed Silegna, all’anagrafe Camillo De Angelis, ho cercato di andare oltre le più superficiali osservazioni, cercando piuttosto un segno ricorrente che unisse idealmente la raccolta. Cercando quindi i punti salienti della raccolta, ho fissato dei punti da approfondire rivolgendo delle domande che leggerete di seguito; ma come ben dice l’autore in risposta ai miei quesiti “un conto è avere una interlocuzione interattiva e un conto è rispondere alle domande in un modo non compartecipativo. Le dico questo, perché pur avendo letto le mie poesie e interpretate, non sa quali sono gli accostamenti, i riferimenti. Scrivere non è così facile come si lascia capire, è molto più complesso e articolato. – prosegue – Scrivere una cosa, ma nello stesso tempo, dare un significato diverso da quello che si legge. Non è facile. Il mio modo di scrivere, anche se sembra di facile interpretazione, sotto nasconde diverse sfumature”. Ed Silegna sta componendo una nuova raccolta di poesie.

La sua poesia, dal lei definita essenziale nella presentazione al libro, è ricca di aggettivi volti alla descrizione e definizione di un momento vissuto legato a una data del suo percorso. Che significato assumono aggettivi e date nel suo fare poetico? “La prima domanda risulta, insolita, sia nella sua definizione che nella esecuzione. Gli aggettivi da me usati servono come duplicatore o amplificatore di un attimo. Dove si cerca di dare sensazioni e di colpire la sensibilità di un individuo. Per lo meno ci provo. Le date da me riportate hanno solo lo scopo di determinare il giorno di riferimento, anche se sono dietro nel tempo”.

Oltre alla descrizione schietta e sincera, si cela la volontà di riportare in forma scritta il ricordo personale e il legame con il territorio. Che valore assumono questi elementi nella sua vita e nella sua poetica? “I miei ricordi li vivo, li rivivo. Non vivo di solo ricordi ma anche del mio presente. Tutto quello che mi gira intorno ha una sua valenza. Quello che cattura la mia attenzione, lo metto su carta, cercando di dare movimenti, immaginazioni, situazioni. I miei momenti li vivo di persona, siano essi positivi che negativi. Solo in questo modo concilio il mio scrivere”.

Dalla vita ai luoghi dell’anima, fino al cammino nell’esistenza come “esili fuscelli resistenti alle intemperie”, i suoi versi sono come un segnalibro nello scorrere del tempo. Che rapporto ha con la scrittura tout court? “La mia vita è un racconto, non esilarante, non avventuriero, ma reale. Dove le mie sofferenze, i miei pianti, le mie emozioni, il mio modo di vivere, lo trascrivo, provando a dare emozioni, brividi, o momenti di riflessione. Ecco perché chi legge ci si ritrova e a modo suo ripercorre la propria esistenza. Il suo accostamento al “segnalibro” lo trovo originale e condiviso nella sua complessità. La vita va vissuta attimo per attimo. Con questo non intendo dire che va buttata via anzi va rispettata. Va vissuta sì, amata sì. Secondo me oggi questo sentimento è stato travisato. Sono contrario a come viene interpretata la vita oggi. Oggi mancano valori come il rispetto, il combattere per un ideale”.

La scrittura può essere intesa come paura di dimenticare? “No, non è rifugio per me, anzi amo ricordare quei momenti della mia vita, anche i più brutti, che ancora non ho trascritto. Non mi maschero e non mi copro dietro i ricordi, ma li vivo. Come vivo il mio presente con tutte le sue difficoltà”.