Capita che a volte, quasi di soppiatto, nascano e crescano a pochi passi da casa propria dei veri gioielli dell’artigianato. Nonostante non ci sia voglia di nascondersi, alcune scelte di marketing celano ai più il proprio potenziale, mentre invece altre lo mostrano apertamente. È il caso dell’azienda calzaturiera Andrea Iommi, che prende il nome dal proprietario e fondatore. Una ditta a tenuta familiare, che basa la sua forza sulla professionalità e sulla bravura di chi ci lavora e, soprattutto, sulla realizzazione puntuale dei desideri di ogni cliente. Situata a Porto San Giorgio, in via Cotechini, l’azienda di Andrea Iommi ha costruito la propria nomina sul passaparola piuttosto che sulla pubblicità, grazie alla buona impressione lasciata a chiunque si rivolga a loro per ottenere scarpe comode e belle. Di questa ditta ne parliamo proprio con il suo proprietario, Andrea Iommi.
Come è nata l’azienda Andrea Iommi? «Dopo essermi laureato a Bologna in Economia Aziendale, nel 2002 ho preso in mano la ditta calzaturiera di mio padre, l’ho trasformata e ne ho cambiato totalmente l’attività, facendola divenire un’azienda di servizio. Il nostro lavoro mira a produrre scarpe su misura a 360 gradi, principalmente scarpe da sposa e da cerimonia. È cambiata anche la tipologia dei clienti: ora privilegiamo i privati piuttosto che i negozi. Anche sulla pubblicità siamo cambiati: preferiamo che la gente ci conosca tramite passaparola, o andando sul nostro sito web».
Qual è la caratteristica che distingue la vostra produzione? «Quello che cerchiamo di fare è abbinare comfort ed eleganza. Puntiamo ad una scarpa bella ma portabile, all’insegna della calzabilità. Le nostre calzature sono su misura, lavoriamo in base alla richiesta del cliente. Andiamo incontro anche a quelle richieste specifiche fatte per dei problemi al piede o al polpaccio (come ad esempio la ritenzione idrica). Avevamo una cliente a Londra, la campionessa di golf Laura Davies, che, avendo un piede molto grande, ci ha ordinato una specifica ballerina, numero 43, in tutti i colori disponibili. Una cosa sulla quale puntiamo, e siamo rimasti ormai in pochi a farlo, è il coordinato scarpe/borsa: da noi si possono comprare insieme in tutte le combinazioni possibili di forma e materiale».
Quindi avete una clientela anche fuori d’Italia? «Il mercato nel quale lavoriamo è principalmente interno: le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo. Abbiamo dei piccoli atelier a Milano, Roma e Terni che ci contattano: loro fanno gli abiti e poi si rivolgono a noi per abbinarvi le scarpe. Abbiamo però anche un cliente in Francia e uno in Norvegia. Il cliente della Norvegia si occupa dei costumi per alcune cerimonie (compresi i matrimoni), che lì si svolgono indossando dei vestiti tradizionali, d’epoca. Per lui dobbiamo produrre degli stivaletti con stoffa damascata, tradizionali ma con una rivisitazione moderna. Abbiamo un ordine una volta all’anno, e dobbiamo produrre circa un centinaio di scarpe».
Come siete arrivati a lavorare per Pupi Avati? «La costumista del film “Il cuore grande delle ragazze” e una delle protagoniste, Micaela Ramazzotti, sono venute da noi dopo essere state allo storico atelier di Fermo di abiti da sposa, Dina Bengasi. Lì hanno fatto il nostro nome per quanto riguardava le scarpe. Ci siamo occupati delle scarpe della Ramazzotti per le scene del matrimonio. L’attrice aveva delle richieste specifiche: voleva delle scarpe d’epoca con tacco, ma non troppo alte, essendo il film ambientato negli anni ’30, e quindi Pupi Avati non voleva che si esagerasse con l’altezza. Poi sia lui che la Ramazzotti si sono di nuovo rivolti a noi per la fiction che Avati ha diretto per Rai1, “Un matrimonio”, che deve ancora essere trasmessa. All’attrice le nostre scarpe erano piaciute, si era trovata bene, e quindi è voluta ritornare qui per questa serie televisiva».
Come sta vivendo la vostra azienda la crisi economica del nostro Paese? «La crisi l’abbiamo sentita. Noi non ci occupiamo solo di scarpe da cerimonia, ma anche di scarpe eleganti per tutti i giorni. In questa fetta di mercato abbiamo subito un forte calo, perché la gente se deve tagliare le spese le taglia su queste cose. Per quanto riguarda il settore delle scarpe da sposa, no, siamo piuttosto stabili. Il grosso del lavoro lo abbiamo da febbraio a settembre, e non ci sono stati cali di produzione. In generale, se devo dare una percentuale, si può dire che c’è stata una diminuzione del lavoro del 5%, tutto sommato sopportabile».
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