«Oh hai visto Zerocalcare?». «Sì oh, sembra un tossico!». Questo arguto scambio di idee colto in mezzo alla baraonda che è Lucca Comics&Games mi ha introdotto alla conoscenza di quello che è, a mio modesto parere, uno dei migliori autori italiani in circolazione. Badate, non ho scritto “migliori autori di fumetti” ma proprio “migliori autori”. Punto. Tant’è che le vendite parlano da sole: i suoi due volumi, La profezia dell’armadillo e Un polpo alla gola, sono il caso editoriale dell’anno e hanno il grande pregio di aver scalzato 50 sfumature di grigio dalla vetta dei bestseller di Amazon piazzandosi al primo ed al secondo posto.
ZEROCALCARE, IL LIBRO – Ciò che distingue i volumi di Zerocalcare dagli altri fumetti è che si è imposto anche al di fuori della stretta cerchia di noi nerd lettori di comics, manga & Co. per andarsi a piazzare tra Camilleri e Murakami in libreria. Ma se fosse solo un fenomeno commerciale non staremmo qui a parlarne. C’è di più (e tanto). Nasce come una “striscia” (forse uso il termine in maniera un po’ impropria, ma pazienza) pubblicata sul suo blog, in cui Zero racconta le sue peripezie quotidiane, accompagnato dai suoi amici reali e dal suo amico immaginario Armadillo che è… un armadillo appunto, ma anche la proiezione del suo stesso “io”. In poche tavole, descrive la sua vita con leggerezza e uno stile assolutamente esilarante, ma, contemporaneamente, con una profondità che raramente si trova in un testo “umoristico”. Nonostante la sua fortissima “romanità” riesce ad essere universale, tanto da poter essere tranquillamente accostato a mostri sacri quali i Peanuts o Calvin & Hobbes. Zero decide infine di fare il passo e di creare un romanzo a fumetti, mantenendo la struttura delle storie brevi del blog, ma che insieme costruiscono un’unica trama. Questo suo primo volume autoprodotto (La profezia dell’armadillo) riscuote un ottimo successo di pubblico attirando l’interesse di una casa editrice attenta come la Bao che, prima ristampa a colori il volume, e poi gliene commissiona un altro (Un polpo alla gola). In quest’ultimo caso si supera, scrivendo un romanzo molto più organico in grado di far ridere, commuovere, spaventare e poi ridere di nuovo. Non immedesimarsi nei suoi racconti è quasi impossibile, anche se non si è di Roma e non si è mai frequentato un centro sociale. Perché «il segreto è che pure gli alieni dei centri sociali in realtà mangiano gli stessi plumcake degli umani, guardano le stesse serie tv, sono cresciuti negli stessi quartieri e fanno gli stessi lavori… Il tentativo mio è stato quello di raccontare gli aspetti più quotidiani della mia vita, che evidentemente sono gli stessi di tante altre persone che magari non appartengono strettamente alla mia tribù» (parole sue in un’intervista rilasciata agli organizzatori di Più libri più liberi). In realtà finora ho menato il can per l’aia perché l’unica cosa che mi viene da dire a proposito dei volumi di Zerocalcare è: sono belli. Comprateli!
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