ANCONA – I dati della rilevazione trimestrale di Movimprese, elaborati dal Centro Studi dell’Unioncamere regionale, sono una doccia fredda per l’economia regionale. Da gennaio alla fine di marzo hanno chiuso i battenti 4.827 aziende mentre soltanto 3.373 sono state le nuove iscrizioni alle Camere di commercio. Il conto presentato dalla crisi è pesante, ben 1.454 imprese in meno a rendere più povero il sistema di piccole e medie imprese.
Dall’inizio dell’anno ogni giorno il sistema produttivo marchigiano, nel turn over tra imprese nate e cessate, ha perso sedici aziende, con una perdita di know how che non si recupererà più. Pesanti le ripercussioni anche sull’occupazione poiché sono stati bruciati in novanta giorni quasi 5 mila posti di lavoro.
“I dati forniti dal nostro Centro Studi – afferma il Presidente di Unioncamere Marche, Adriano Federici – evidenziano una situazione sempre più insostenibile ed impongono all’attenzione di tutti l’urgenza di interventi concreti per la crescita e l’occupazione. Servono provvedimenti per favorire il credito alle imprese, per incentivare l’assunzione dei tanti giovani in cerca di occupazione, per semplificare la vita a imprese e cittadini, per rilanciare gli investimenti delle imprese con un impegno forte in tal senso di banche e istituzioni, perché senza investimenti nei prodotti, nei processi produttivi e nelle persone, la ripresa non riparte. In questo contesto di grande difficoltà si chiede anche alla politica uno sforzo di maggior comprensione delle difficoltà delle aziende. Non resta molto tempo. Senza una politica che metta al centro le imprese non ci salviamo. Rilanciare l’impresa e il lavoro deve essere una priorità condivisa, una battaglia da affrontare insieme”.
A pagare il prezzo più caro, in questi primi tre mesi del 2013, sono stati ancora una volta gli artigiani e le piccole imprese che sono diminuiti di 850 unità, scendendo per la prima volta dalla crisi del 2003 sotto quota 50 mila. Alla fine di marzo le imprese artigiane marchigiane erano 49.215. Agricoltura, costruzioni e commercio sono i settori che presentano i dati più negativi. Le imprese agricole diminuiscono di 562 unità mentre l’edilizia vede scomparire 512 imprese. Una crisi, quella dell’edilizia marchigiana, che dura ininterrottamente dal 2008 con gravi conseguenze anche per l’indotto: falegnami, idraulici, elettricisti, produzioni di laterizi e di arredi. Il commercio ha perso 413 aziende a causa del crollo dei consumi mentre 68 attività le ha perse il settore alloggio e ristorazione. Preoccupante anche il dato del manifatturiero che perde 204 aziende di cui 52 nella meccanica, 36 nel tessile – abbigliamento, 37 nel mobile, 27 nel calzaturiero. Anche l’autotrasporto paga un prezzo pesante (-64), stretto tra il crollo della domanda e la concorrenza a basso costo dei vettori stranieri. Tra i servizi risultano fortemente ridimensionati i comparti delle attività delle attività finanziarie e assicurative (-48) e delle attività di consulenza (-20). Anche i servizi alla persona pagano la ridotta disponibilità finanziaria delle famiglie marchigiane e registrano un calo di 66 unità. Per quanto riguarda le province marchigiane, il saldo più negativo è quello di Pesaro (-438) che paga la profonda crisi del settore edile (-176), seguita da Macerata (-335), Ascoli Piceno (-245), Fermo (-220) e Ancona (-216).