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L’Ottocento è un periodo della storia che ha visto una tale concentrazione di eventi in ogni ambito dello scibile umano da essere di così gran fascino ancora oggi, come ci dimostrano i mille film, telefilm, romanzi, ambientati in quel periodo. Proprio i romanzi sono un’invenzione di quel secolo, e in area francofona si sono sviluppati con il peculiare formato chiamato feuilleton, cioè un’unica lunga storia pubblicata a episodi su rivista, formato che ha raggiunto i suoi vertici nelle storie d’avventura e d’azione tipo I tre moschettieri. Ovvio che un pubblico abituato a romanzi d’avventura a episodi abbia poi abbracciato con favore i fumetti d’avventura, a episodi anch’essi; ecco quindi che nel 1929, dalla matita del belga Hergé, nasce Tintin: reporter giornalistico animato da curiosità, ottimismo, candore intellettuale e fiducia nella scienza, questo trentenne sempre in giro per il mondo ha continuato la tradizione letteraria francese, rimpolpandola con storie di viaggi e scoperte che avrebbero fatto la gioia di Verne.

IL FUMETTO DI TINTIN – Tutto, ne Le avventure di Tintin, risponde all’assioma definito nel verso di Bernie Taupin «può sembrare una cosa semplice, ma solo adesso che è finita», a partire dalle trame passando per i dialoghi per arrivare alla grafica di Hergé, di una eleganza, precisione e pulizia infinite (d’altronde quest’autore è considerato uno dei massimi esponenti della cosiddetta scuola della “linea chiara“). Tintin è a metà strada fra l’agente segreto, il detective e il positivista francese, ma soprattutto Tintin è l’incarnazione stessa della curiosità: di fronte a un qualunque evento si fa domande e avanza finché non trova risposte, cosicché se si imbatte nel furto di un idolo precolombiano, nel modellino di una nave o nei progetti per il primo allunaggio umano, ecco che ai suoi occhi questi diventano chiavi per esplorare altri mondi e altri tempi. E insieme a lui ci sono anche milioni di lettori che, in questa maniera, si allontanano da una cultura eurocentrica, piena di stereotipi verso gli extracomunitari, per avvicinarsi a popoli, luoghi e pensieri diversi che, dalla metà degli anni ’30 in poi, vengono descritti con dovizia di ricerche e documentazioni.

L’EREDITÀ DI TINTIN – In 60 anni di fumetti, Hergé ha scritto capolavori come l’esotico Il loto blu o il cerebrale I gioielli della Castafiore (un esercizio di stile degno degli omicidi nella stanza chiusa della Christie) che sono delle perle letterarie meravigliose destinate a influenzare tanti autori successivi in molti ambiti anche extraletterari, tipo Spielberg che, dopo averlo subdolamente citato in Indiana Jones, gli ha finalmente reso un omaggio diretto col pastiche in computer graphic del 2011, ispirato a Il segreto dell’Unicorno. I belgi non hanno dimenticato Hergé dopo la sua morte nel 1983, ma anzi gli hanno innalzato nel 2009 un museo, progettato dall’archistar Christian de Portzamparc, per comunicare al mondo che per loro non era un imbrattatavole, ma un vero artista degno di biglietti, cornici e auditorium. Hanno ragione.

Le Avventure di Tintin: Il Segreto dell’Unicorno

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