Articolo
Testo articolo principale

La rimozione è rivolta. La rimozione è sentimento. La rimozione è negazione. La raccolta di poesie di Davide Nota scorre come una lama affilata tra le dita. E’ poesia tagliente, cinica, ribelle, rabbiosa, sensuale, alla ricerca di un’immersione intellettuale e al tempo stesso sentimentale nel mondo. Una ricerca che affonda nella scrittura, una condanna che scorre sulle pagine. Una società senza possibilità di redenzione: “mi aggiro tra i banditi democratici, gli abolitori dello stato di diritto. Se spezzo la catena è solo un sogno ridicolo, che lascia posto all’ombra”. Un mondo privo di grazia, dove perfino la scrittura respira a malapena. “Ma sono stupidi i lettori del duemila e i critci altrettanto stanno in fila a non capire un cazzo di poesia spurgando stronzi nell’editoria”. E ancora: “Il mio sogno è una rivolta demenziale della realtà reale alla finzione di tutte le filosofe menate cha manco per il cazzo praticate… Ai dotti preferisco i transessuali che almeno quando bruciano è davvero piuttosto a che s’appiccia manco un pelo del culo se si brucia una scoreggia. Io scrivo quel che so e che tutti fingono di non sapere quando o pingono di una realtà falsara dal terrore di esistere nel vero o nell’errore… Io sento quel che dico e provo amore per chi contro il buon gusto della scuola di destra o di sinistra a cazzo scola la mistica allegria degli alienati”. Eppure, occorre ritrovarsi.

La rimozione: operazione di recupero o di negazione? La rimozione è un processo di smaltimento di ciò che un determinato sistema, neuronale o politico, considera come una minaccia o un peso. Oggi ad essere rimossa è un’intera generazione per cui il meccanismo storico non ha previsto alcun presente. Il mito di Crono che mangia i suoi figli, e cioè l’epoca che stiamo vivendo, rimuove a sua volta il proprio sistema culturale e filosofico di riferimento. Come spiega il filosofo Mario Perniola ciò avviene come una forma di protezione da sensi di colpa “strutturali”. L’organismo-società cioè smarrisce la coscienza di sé esattamente come l’omicida che rimuove il proprio raptus o rovina nella nevrosi di fronte a una contraddizione troppo grave.

Credi ci sia qualcosa da ritrovare? La parola “rimozione” assume dunque questa valenza semantica complessa che si irradia nelle singole micro-storie che racconto o nei ritratti umani che dipingo, individui schiacciati ma non ancora sconfitti, smarrimenti individuali e sogni di rinascita, naufragi schizofrenici nel subconscio dell’epoca, tra pornografia e desolazione, ma anche tanta sete di acqua pura di sorgente e nostalgia di qualcosa che non c’è mai stato. Da ritrovare è la vita.

È severo il tuo giudizio, sembra che non ci sia possibilità di assoluzione… Un poeta ha l’unico dovere di bestemmiare, nei propri versi classici, la verità. È questa la sua funzione, che è sempre una funzione di “sabotaggio” e di eresia. Questo punto di non ritorno delle società occidentali, che prelude al declivio bellico o a qualche nuova forma di dittatura, è la conseguenza di politiche che si sono sviluppate con una vergognosa continuità, nonostante i cambi di governo e l’alternanza senza alternativa dei due poli. Del processo di abolizione dello stato di diritto, che conduce alla nostra esistenza precaria e ottocentesca, i responsabili sono ovunque. Per questo non può esserci assoluzione, è vero, ma neanche l’auto-assoluzione degli indignati. La cittadinanza degli ultimi trent’anni è spregevole quanto i suoi rappresentanti. Un omogeneo vomito di individualismo e arroganza, volgarità e demenza televisiva, banalità e miseria. Rappresentanti e rappresentati, burattini e burattinai: siamo tutti colpevoli di questa disfatta.

C’è posto per la poesia in un mondo senza grazia? C’è ancora il sogno di una fonte, nel deserto? Certamente sì. A volte può darsi che la propria solitudine desiderante cada nel delirio del miraggio ma l’utopia è come il sole, un principio di vita inesauribile. È molto difficile stabilire un contatto, oggi. I corpi si sono quasi dissolti nella Rete. Il dogma presente ci condanna alla solitudine, alla finzione dei “contatti” senza affetto, senza abbraccio, senza bacio, a morire senza conoscerci veramente, senza esserci mai stretti né raccontati. Ma se il mio sogno si unisce al tuo, se due orfani si incontrano nel deserto, ecco che può nascere un bellissimo viaggio. L’onestà sentimentale sta nel coraggio di bestemmiare questa prigione infame senza il timore di fare brutta figura o di non essere compresi. Qualcuno in ascolto c’è, anche tra questi pixel. Ci stiamo aspettando?

Un mondo corrotto, questo, che ruolo ha, allora, la scrittura e in che modo partecipa al processo di rimozione? Partendo dal presupposto che le parole sono delle “astrazioni” concettuali, e cioè degli strumenti, possono esserci due tipi di utilizzo della scrittura. Può darsi una scrittura retorica che ci allontani dalla realtà, che ci alieni dalla coscienza e omologhi la nostra vita interiore, per mezzo di artifici retorici scientificamente rodati, in processi di massa. Questo avviene nella pubblicità, ma anche nella retorica politica e in certo giornalismo mediatico il cui intento è quello di colonizzare l’inconscio collettivo con alcune parole-chiave legate ad emozioni tribali come la paura, l’odio o la bramosia indotta. Può anche darsi, però, una scrittura della rivolta e della liberazione dell’individuo dal giogo della massa. Le parole “fontana”, “fiume” e “cascata” possono risvegliare un nostro intimo bisogno di autenticità, possono farci percepire un’assenza. Un’immagine semantica, unitamente al suono della sua dizione, può aprire per sempre una porta segreta che ci conduce a un altrove, che ci invita al viaggio. O per contrasto alla riflessione, alla reazione di fronte ad alcune provocazioni. Il movimento individuale è l’interesse primordiale della scienza poetica.

Infine, la rimozione conduce all’alienazione?  Sì, rimozione e alienazione sono due parole gemelle. Entrambe destinano all’uomo l’eterno presente della narcolessia, senza memoria del passato e percezione del futuro.

Vedi possibilità di resurrezione, almeno intellettuale? Le resurrezioni non possono essere previste e la magnificenza sta proprio in questo loro avvento misterioso e inatteso. La storia dell’uomo si svolge per lampi imprevedibili. Quindi non prevedo niente ma attendo.