Situato appena fuori la cinta muraria del paese, il villino che Ernesto Verrucci, protagonista di una vita eccentrica e avventurosa, progettò come suo personale buen retiro dopo il rientro nella natia Force nel 1939, va considerato un vero gioiello architettonico e ci autorizza a scomodare paragoni di capitale importanza. Si può infatti affermare che l’originalissima struttura dell’edificio, un unicum per il territorio piceno, ha dei punti di contatto con il revival di un Medioevo nostalgico e fiabesco alla Viollett-Le Duc ma filtrato attraverso la rilettura stravagante e fantasiosa di un Gaudì.
L’intero edificio è impostato su un parallelepipedo, ma completamente scomposto da un originale gioco di strutture aggettanti e rientranti che caratterizza ogni lato. La facciata principale può essere riconosciuta solo dalla presenza di un piccolo ingresso al piano terra che, tuttavia, quasi non si nota nell’abbondanza di elementi decorativi e aperture che traforano buona parte del villino. Una caratteristica, questa, che si ricollega direttamente allo spirito dell’architettura gotica, così come la forma stessa di molte finestre, bifore e trifore a sesto acuto, è tipica di quello stile. Da notare poi come le cornici stesse riproducano un bicromatismo figlio dell’architettura toscana, ma contestualizzato attraverso l’uso di due materiali tipici del Piceno, il rosso del mattoncino in laterizio ed il bianco del travertino.
Sempre alla Toscana può essere ricollegata una delle parti più originali dell’edificio, l’elegante torretta che svetta a sinistra della facciata principale. Infatti la sua forma esile ed allungata che si allarga nella parte superiore, con la larga copertura a coppi e il sottogronda a vela, ricorda certe ville medicee del ‘400 (in particolare quella della Petraia o quella di Cafaggiolo). Un’ultima considerazione va fatta poi sulla cura dei particolari, come la forma elaborata dei comignoli e delle merlature, o i disegni ad anellini delle ringhiere in ferro battuto. Ma soprattutto l’innesto delle mattonelle in maiolica colorate nella parte alta che, in contrasto con i materiali precedentemente citati (la pietra, il laterizio ed il travertino), da un tocco in più di genialità a questa articolata palazzina.
Anche l’interno del Villino Verrucci doveva essere, un tempo, il riflesso della avventurosa vita del suo proprietario, pieno di ceramiche cinesi della dinastia Ming, quadri di valore, servizi d’argento e incensieri che sono stati tutti donati a privati. Ad Ascoli Piceno si possono ancora ammirare la collezione di libri del Verrucci, ceduta alla Biblioteca e dieci suoi ritratti ed altri quadri conservati nella Pinacoteca. Originali sono gli infissi e le porte che erano decorati,ma sono stati riverniciati. Immutata rimane solo la Stanza Nera, con i vecchi mobili in legno scuro, le sedie in pelle ed il bel camino.