Le terre picene sono storicamente ricche di storia, di cultura, di monumenti e di paesini caratteristici, ma non solo, racchiudono, infatti, anche tradizioni e coltivazioni tipiche di un territorio che in pochi chilometri dalle vertiginose cime del Vettore fino alle affollate spiagge della riviera adriatica, racconta come sia possibile avere delle coltivazioni che solo una zona cosi può regalare. Le dolci colline marchigiane accolgono, oltre i tradizionali vitigni Montepulciano, Sangiovese e Trebbiano, coltivazioni uniche di vitigni autoctoni di uve pecorino e passerina che poi si trasformano in quei deliziosi vini locali apprezzati in tutto il mondo come il famoso Falerio dei colli ascolani. Attraverseremo la provincia di Ascoli in un ideale itinerario vitivinicolo, per scoprire le origini e l’evoluzione delle nostre terre da vino.
ARQUATA DEL TRONTO – Il piccolo paese montano è la radice per la riscoperta di uno dei vitigni autoctoni più importanti, il pecorino, che fu scovato nelle zone montane di Arquata del Tronto dove esistono piante di oltre cento anni. “Nei primi anni ’80 parte così la ricerca bibliografica. Dalla ricerca emerse che, a nord del corso del Tronto, sulla sponda destra, a 1.000 metri sul livello del mare, vicino ad Arquata del Tronto, c’era un vigneto piccolissimo, praticamente abbandonato, di proprietà allora di un ottantenne, dove era presente un antico vitigno denominato Pecorino. È per questo motivo che al Pecorino sono stati attribuiti molteplici sinonimi, come Pecorino d’Arquata o Pecorina Arquatanella o Arquitano”. Questo brano è tratto dal libro “La Riscoperta del Pecorino: storia di un vitigno e di un Pecorino”, realizzato dall’università Politecnica delle Marche di Ancona e la Tenuta Cocci Grifoni che rende omaggio al vino Pecorino e al fondatore della Tenuta Guido Cocci Grifoni. È comunque difficile individuare l’origine del particolare nome di questo vitigno, ma probabilmente si può attribuire tale denominazione a caratteri legati al pascolo e alle conseguente depredazione che le greggi facevano dell’uva.
OFFIDA – Anche ad Offida secondo alcuni studiosi la coltivazione della vite è anteriore alla conquista romana. Intorno al 1874, l’assetto colturale di tutto l’ascolano era basato essenzialmente sul binomio vite-cereali. Verso la fine del secolo però, grazie al contributo di vari istituti si incominciarono ad impiantare le viti basse. L’economia del paese si basa sulla produzione di vino: i bianchi, Falerio, Offida Pecorino e Offida Passerina tutti Doc (denominazione di origine controllata) e i pregiati rossi: Rosso Piceno e Rosso Piceno superiore, vino al quale già nel 1968 venne conferita la Doc con le uve di Montepulciano (minimo 50%), Cabernet Sauvignon (minimo 30%) e con quelle di altri vitigni a bacca rossa, non aromatici; ma la storia di questo prodotto risale a molto tempo prima. Del vino piceno già parlano i romani, citando la popolazione dei Piceni che, insediatasi nelle Marche, hanno poi dato il nome alla zona. Anche Polibio, storico greco, nei suoi racconti narra di Annibale che, in viaggio verso Roma, vedendo il suo esercito e i suoi cavalli stanchi e in difficoltà, si fermò nella zona picena e li fece curare con dei massaggi a base di vino rosso invecchiato.
CASTIGNANO – Il piccolo paese dell’entroterra è conosciuto per le sue numerose cantine vitivinicole. Come negli altri paesi della zona, anche qui vengono coltivati vitigni autoctoni, famosi sono i vini rossi delle cantine sociali che durante il Templaria, rievocazione storica che si svolge ad Agosto, riempiono i calici di migliaia di visitatori. Plinio il vecchio elogiò l’alta qualità dei rinomati vini piceni apprezzati Oltralpe ed esportati anche in Gallia. Ai giorni nostri il territorio piceno riveste un ruolo di primo piano per il settore vitivinicolo regionale, circa la metà della produzione regionale è infatti ottenuta nell’ascolano.
RIPATRANSONE – Catone (243-149 a.c.) e Varrone (116-27 a.c.) erano incantanti dalle elevate rese dei vigneti della sponda adriatica tra il piceno e il riminese, perché, anche sulle colline che scendono verso il mare, i vigneti sono tanti così come le cantine. Lo conferma il fatto che a luglio lungo le vie e le rue del centro storico di Ripatransone si svolge “La Passatella”, una passeggiata enogastronomica tra le vecchie cantine. All’interno di aree distinte e ben delimitate che includono i territori di Offida e Ripatransone, si producono vini a denominazione d’origine controllata come Offida Doc Passerina, con le uve dell’omonimo vitigno (minimo 85%) ed eventualmente con quelle di altri vitigni a bacca bianca non aromatici, Offida Doc Pecorino e Offida Doc Passerina Vino Santo. La Passerina per la sua ricchezza nella componente acidica permette la spumantizzazione sia con il metodo Charmat che con quello classico. In uvaggio con il Pecorino, ha inoltre migliorato le caratteristiche qualitative della doc “Falerio dei Colli Ascolani”, che in tempi non lontani poteva essere prodotto anche esclusivamente con il Trebbiano Toscano.